Fatica Cronica nel Bodybuilding, l’Osteopatia al servizio
A cura del Dott. Antonio Parolisi
Nel contesto dello sport, si sottopongono tutti i sistemi organici ad un livello elevato, che può comportare una riduzione della componente energetica del sistema generale di organizzazione. È pur vero che nel nostro codice genetico esiste una programmazione che ci permette di espletare tutti i compiti che ci spettano al fine di salvaguardare l’integrità della specie, ma il paragone fatto con il “cacciatore del passato” rispetto “all’uomo moderno”, trova delle imperfezioni nella forma; queste imperfezioni sono dovute al fatto che spesso si vuole a tutti i costi rapportare la vita di un uomo di un milione di anni fa con l’impiegato di oggi, perché in effetti, organicamente, molti studi hanno dimostrato che sostanzialmente non vi è stato un “radicale” cambiamento nei sistemi biologici. In realtà è pur vero che noi uomini moderni siamo ancora gli stessi del passato; il problema, però, sussiste quando si analizza il concetto di attività fisica di un tempo con quella attuale. L’uomo di un tempo trascorreva delle giornate intere a cacciare, alla ricerca di una preda e forse senza neanche grande successo, rimanendo magari digiuno per giorni, fino a quando, finalmente, non catturava il suo pasto e lo custodiva gelosamente nella sua dimora, consumandolo con tutta calma e serenità e godendosi il “trofeo” meritatamente conquistato. A questo punto il suo compito era quasi finito e poteva dedicarsi tranquillamente al riposo, alla procreazione – se era tempo di accoppiamento – e quindi si “godeva la vita”; non aveva da pensare alle bollette della luce, del gas, dell’acqua o della spazzatura, o quant’altro, non aveva da pagare il mutuo, perché la sua caverna era data dal comune in formula gratis… Si nutriva di alimenti fondamentalmente a base di proteine e Grassi, semi oleosi, frutta a guscio, e dei tanti cibi della natura così com’erano, senza ingurgitarsi di prodotti elaborati o raffinati. Volendo quindi fare un rapporto stress/riposo si potrebbe tranquillamente giungere alla conclusione che il rapporto probabilmente era di 1 a 3; è pur vero che doveva cacciare anche giorni interi, quindi era sottoposto a carichi di lavoro importanti, ma poi il tempo che trascorreva “comodo” senza eventi stressogeni era di gran lunga superiore. Quindi si riposava molto di più di quanto si lavorasse.
Il modulatore della vita di ogni essere umano è rappresentato dal Sistema Neurovegetativo, quell’insieme di cellule e fibre che innervano gli organi interni e le ghiandole, con il compito di controllare le attività vegetative, ovvero quell’insieme di funzioni che, generalmente, sono al di fuori del controllo volontario; quindi dal Sistema Ortosimpatico, per lo stress e l’attività fisica (combatti o fuggi) e dal Sistema Parasimpatico, per la quiete e tranquillità (mangia e riposa), anche se in realtà non vi è una netta distinzione dell’uno rispetto all’altro ma spesso si parla di una sorta di modulazione dell’uno nell’altro. Quindi, in linea di massima, si potrebbe definire che nel passato il sistema che lavorava maggiormente e che quindi gestiva i sistemi del nostro corpo era rappresentato dal Sistema Parasimpatico, con i suoi modulatori della calma indotti dal riposo e dalla tranquillità.
Attualmente, nonostante i progressi dell’umanità e gli avanzamenti tecnologici, molti invidiano il loro caro bis-bis-bisnonno, in quanto la vita moderna è caratterizzata solo ed esclusivamente dallo stress, a parte qualche momento di rilassamento in qualche stazione termale, per chi può permettersela, ovviamente… Troppo lavoro, pensieri massacranti, sete di successo, preoccupazioni ed altro ancora, hanno spostato quel famoso rapporto verso il 3 a 1; ovvero si lavora (stress) molto di più di quanto si riposa. Quindi, attualmente, potremmo dire che nella vita moderna il sistema che lavora maggiormente, e che gestisce i nostri sistemi biologici, è rappresentato principalmente dal Sistema Ortosimpatico, che mette in seria difficoltà le capacità di riposo di ognuno di noi. Questa situazione, spesso, è molto pericolosa, perché la risposta del nostro sistema ad un evento stressogeno può comportare una inibizione della secrezione di insulina, con conseguente aumento del glucosio in circolo (aumento della glicemia), che riveste un ruolo indispensabile per l’attività fisica e cerebrale; vengono inibiti quei mediatori flogistici, determinando dei danni alle strutture; viene inibita la reazione immunitaria; si determina un’alterazione dell’aldosterone, con conseguente eccessiva ritenzione idrica ed innalzamento della pressione; vengono inibiti i neuropeptidi, tra cui le Betaendorfine, che tentano di porre fine alla cascata neurochimica per evitare che si venga a creare una problematica di natura neuropsichica. A seguito dell’evento stressante, si presentano dei sintomi come tachicardia, sudorazione, vampate calde e fredde, che possono avere tempi che vanno da poche ore a qualche giorno.
Essendo questi tutti fenomeni che si rapportano ad eventi di “lotta o fuga”, non avendo il loro sfogo fisiologico, vengono conservati all’interno del nostro corpo creando problemi. È come se si preparasse un auto di formula uno, portando a giusta temperatura il motore, l’olio, la pressione e il calore delle gomme, e facendo il pieno di carburante, per poi metterla in garage.
Molti studiosi, anni fa, arrivarono alla conclusione che questi fattori stressogeni dovevano in un qualche modo essere “assecondati”, per evitare che rimanessero inutilizzati nel corpo umano e fare danni; ed è questo che ha indotto a pensare che l’attività fisica poteva essere un’arma vincente nel combattere lo stress accumulato con la vita di tutti i giorni.
Purtroppo, però, spesso accade che il troppo storpia ed infatti molti soggetti esagerano con l’approccio alle attività motorie, determinando uno stato di fatica che a questo punto non ha più del salutare ma addirittura può essere aggiuntivo allo stress quotidiano.
Sindrome da Fatica Cronica
Nel Bodybuilding si viaggia praticamente sul filo del sovrallenamento perché si cerca a tutti i costi di aumentare i volumi muscolari con allenamenti troppo spesso lunghi e massacranti; poi si ricorre ai più svariati integratori per recuperare e contrastare il Cortisolo – che da molti viene definito il principe dello stress – in modo tale da cercare di tenere sotto controllo il rischio di Overtraining, che potrebbe portare ad uno stato di fatica cronica che ci introduce il concetto di “Sindrome da fatica cronica“.
(da Wikipedia)
La sindrome da fatica cronica (o CFS, acronimo di Chronic Fatigue Syndrome) è, come definito nel dicembre 1994 da un apposito gruppo internazionale di studio, una sindrome in cui si presentano le seguenti condizioni: fatica cronica persistente per almeno 6 mesi che non è alleviata da riposo, che si esacerba con piccoli sforzi e che provoca una sostanziale riduzione dei livelli precedenti delle attività occupazionali, sociali o personali; presenza regolare di quattro o più dei seguenti sintomi, anche questi per almeno 6 mesi: disturbi della memoria e della concentrazione tali da ridurre i precedenti livelli di attività occupazionale e personale; faringite; dolori delle ghiandole linfonodali cervicali e ascellari; dolori muscolari e delle articolazioni senza infiammazioni o rigonfiamento delle stesse; cefalea di tipo diverso da quella presente eventualmente in passato: sonno non ristoratore; debolezza post esercizio fisico che perdura per almeno 24 ore.
è una patologia debilitante ed invalidante a tutti gli effetti: cambia lo stile di vita ed il modo di relazionarsi con gli altri e può portare a stati depressivi.
Un’intossicazione chimica può portare, comunque, ad una condizione simile e considerando che nel Bodybuilding, come in tanti altri sport, non è difficile trovare soggetti che usano farmaci, di ogni tipo, per accrescere le prestazioni in termini di volume, forza, resistenza e riduzione di grasso in eccesso, i sistemi metabolici sono sottoposti ad un carico extra che si somma ad altre cause.
Altri ricercatori sono arrivati alla conclusione che tra i fattori predisponenti e generanti rientra anche una probabile causa nel sistema nervoso, dovuta da un sovraccarico di tossine nel Liquor (liquido cefalo rachidiano) in cui sono immersi l’encefalo ed il midollo spinale; di conseguenza le attività di tutti i sistemi organici ne risentono.
Molto spesso, però, si giunge alla conclusione che il solo riposo possa aiutare a recuperare da uno stato di fatica cronica. Si somministrano anche farmaci per cercare di tenere a bada principalmente il dolore e la sonnolenza.
I risultati, purtroppo, sono spesso scarsi ed il soggetto o l’atleta entra in uno stato di apatia, che può essere davvero controproducente per il regolare svolgersi delle attività quotidiane.
Nel concetto della Medicina Osteopatica esiste un approccio che è noto come “Osteopatia in ambito cranio sacrale“, che permette all’operatore, attraverso opportune manipolazioni sul cranio del soggetto affetto da fatica cronica, di stimolare il movimento del liquido cefalorachidiano (che avvolge l’encefalo ed il midollo spinale). Ritornano estremamente utili delle manipolazioni della colonna vertebrale per drenare queste tossine al di fuori del liquido cefalorachidiano. Si agisce anche con manipolazioni sul fegato e su tutti i sistemi emuntori, agevolando la liberazione da tossine. In osteopatia si può davvero migliorare la funzionalità del Sistema Nervoso Simpatico, grazie ad un lavoro sul sistema muscolo-scheletrico ed in particolar modo sul tratto dorsale alto, che riveste un’importanza notevole sul lavoro del Neurovegetativo, proprio perché in quest’area si trova la catena latero-vertebrlae dell’Ortosimpatico con una concentrazione di nervi davvero elevata.
Si eseguono tecniche di liberazione dei tessuti molli del collo, del capo, della schiena e del torace, facendo in modo che le tossine possano essere veicolate dal sistema linfatico verso il sangue, per poi essere debellate. A seguito di ciò il Sistema Nervoso Centrale ritrova la capacità di gestire tutti gli altri sistemi senza impedimenti, ristabilendo l’omeostasi corporea, comportando una graduale risalita dei livelli di benessere del soggetto.
In palestra non sempre si dispone di un osteopata che possa aiutarci nel ritrovare il nostro equilibrio corporeo, ma come primo approccio si potrebbe operare eseguendo una riarmonizzazione delle catene muscolari che, quando messe in uno stato disfunzionale, creano una compressione articolare lungo la colonna, che può alterare gli impulsi neurologici del Sistema Neurovegetativo. Quindi un allungamento in catena, specie della catena posteriore può tornare sicuramente utile, ma come al solito bisognerebbe valutare la condizione posturale del soggetto e capire quale sia il miglior approccio per lui, quindi quali catene necessitano di allungamento e detensione.
Riorganizzare la propria vita in funzione del benessere, sarebbe comunque il miglior mezzo per contrastare uno stato di fatica cronica. Nel body building, dove in molti casi si chiede davvero troppo al proprio corpo, sarebbe interessante provare a seguire delle indicazioni di carattere olistico e non soltanto pensare ad allenamenti, allenamenti ed ancora allenamenti. Se il corpo non vive bene, hai voglia a spingere in palestra.
I muscoli crescono per delle risposte ormonali indotte dall’esercizio fisico “coerente” e per coerenza viene inteso il rispetto del corpo stesso in termini di tempi di lavoro, tempi di recupero e adeguata alimentazione; allenamenti brevi ed intensi, programmati in funzione di ogni singolo soggetto.
Non si può pretendere di spingere sempre al massimo. Non siamo delle macchine e tra l’altro anche le macchine hanno bisogno di riposare. Se poi ci si aiuta con i farmaci, magari è possibile rimandare il problema “fatica”, ma l’intossicazione chimica ci porta ad un’altra condizione, di sicuro poco piacevole.
Troviamo prima l’equilibrio e poi il corpo potrà crescere in tutta tranquillità…
Più calma, meno stress e maggiore criterio nelle cose! Almeno proviamoci.